Kilpin

10 novembre 2019, domenica.

L'ultima vittoria del Milan contro la Juventus, in campionato, risale al 22 ottobre 2016. Tutti lo ricordano. Forse non tutti, però, ricordano che proprio in quel giorno ricorreva il centenario della morte - occorsa a Milano, appunto, il 22 ottobre 1916 - di Herbert Kilpin, fondatore del club. L'immagine più iconica (una delle poche esistenti, del resto) di Kilpin, prima della partita, fu diffusa dai tabelloni elettronici di San Siro (foto qui a sinistra, presa da magliarossonera.it). La sua presenza spirituale fu palese: l'ardore della truppa rossonera ci portò un insperato successo. 

Venerdì siamo stati al Teatro Manzoni di Busto Arsizio, dove - in una serata di beneficenza organizzata dal locale Milan Club - si proiettava un cine-documentario che, prodotto nel 2018, rievoca  la vicenda umana, professionale e sportiva di Kilpin. Sul quale, a dire il vero, le fonti sono rade e tutt'altro che ricche. Una vicenda, fino a pochi anni fa, trascurata e dimenticata, e addirittura sconosciuta a Nottingham, città dove nacque nel 1870.

Da sinistra: Sanfilippo, La Rocca e Ansani.
Al Manzoni di Busto, prima della proiezione
Oggi, grazie anche alla generosa attività di ricerca di Luigi La Rocca, Pierangelo Brivio ed Enrico Tosi - cultori, collezionisti e scrittori di 'cose' rossonere -, Kilpin è qualcosa più di un nome che evoca origini lontane e abbastanza oscure. Già inserito nel Famedio del Monumentale, il Comune di Milano gli intitolerà a breve la rotonda antistante Casa Milan; lassù nella Contea, meta di pellegrinaggio sono la sua casa natale e un pub che porta il suo nome, mentre un bus offre un servizio turistico giornaliero sui luoghi più significativi a lui legati. E così, a oltre un secolo di distanza dalla sua morte, Kilpin è diventato (o è tornato a essere) qualcuno: "The Lord of Milan", che è poi il titolo del documentario.

Naturalmente, anche un capitolo del nostro libro, nella sezione destinata a raccontare le origini del Milan, è intitolato a Kilpin. Ne proponiamo un assaggio. Sperando che stasera, nello stadio dove gioca in casa una squadra che pure vanta qualche legame con Nottingham ... Non aggiungiamo altro.

Michele Ansani

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Dal capitolo Il papà del Diavolo. Mr Herbert Kilpin, progenitore rossonero

Nel 1898 [Herbert Kilpin] si trasferisce a Milano per un nuovo impiego, insieme al connazionale e amico Samuel Richard Davies, ma continua a ricoprire il ruolo di centravanti nell’International Foot-Ball Club, facendo la spola tra il capoluogo lombardo e quello piemontese per giocare le partite dei tornei più importanti. Fu dopo la seconda finale consecutiva persa contro il Genoa che Kilpin, stanco delle sconfitte incassate dallo squadrone rossoblu, durante il banchetto organizzato alla fine del match (una specie di “terzo tempo rugbystico”, consuetudine che nel football purtroppo si e persa con gli anni) si rivolse cosi al suo amico e avversario, il genoano Edoardo Pasteur: «Questa e la vostra ultima vittoria facile. Mi trasferirò a Milano per lavoro, e li formerò una squadra di veri diavoli che vi darà parecchio filo da torcere». I genoani lo presero in parola e tutti insieme brindarono alla fortuna del club milanese… che non era ancora nato!

A Milano esisteva già una squadra di football, la Mediolanum, sezione calcistica di una società ginnastica fondata nel 1896, ma il suo livello tecnico lasciava assai a desiderare. Kilpin, da buon inglese, anche sotto la Madonnina non resiste al richiamo dei pub. Frequenta l’American Bar e la Birreria Spaten e instaura nuove amicizie con gli appassionati di football, riuscendo ad attirare intorno a sé un piccolo e agguerrito gruppo di seguaci: sei connazionali, sette milanesi e uno svizzero.

Il 13 dicembre del 1899, in una saletta dell’Hotel du Nord, l’attuale Principe di Savoia, quella eterogenea compagine da vita al Milan Foot-Ball & Cricket Club. La carica di presidente viene assunta da Alfred Ormond Edwards, viceconsole di Sua Maestà Britannica a Milano e anche per questo noto e stimato negli ambienti della buona società milanese. A Kilpin spetta la carica di primo capitano-allenatore del club. E lui a scegliere i colori sociali, accompagnandoli con una ormai leggendaria dichiarazione d’intenti: «Saremo una squadra di diavoli, i nostri colori saranno rosso come il fuoco e nero come la paura che incuteremo ai nostri avversari».